skalmos (σκαλμός, ὁ)

Autore Federico Della Rossa
Traduzione scalmo, fila di rematori
Termini trattati nella voce

chrysoskalmos (χρυσόσκαλμος, ον), dekaskalmos (δεκάσκαλμος, ον), dōdekaskalmos (δωδεκάσκαλμος, ον), episkalmis (ἐπισκαλμίς, ἡ) penteskalmos (πεντέσκαλμος, ον), polyskalmos (πολύσκαλμος, ον), skalmidion (σκαλμίδιον, τό), tetraskalmos (τετράσκαλμος, ον), triskalmos (τρίσκαλμος, ον), skarmos (σκαρμός, ὁ).

Etimologia

La parola deriva da σκάλλω, “fendere, zappare, tagliare”, forse avendo originariamente il significato di “oggetto intagliato”. Chantraine 1968-1980 s.v. paragona la parola al norreno skalm “pointe d’une fourche” e all’olandese “schalm”, “planche mince”.

Termini linguisticamente connessi

È anche attestata la forma secondaria σκαρμός, in autori bizantini (Leo VI Sapiens, Tact. 19.5, Const. VII Porph. de admin. imp. 9; vd. anche schol. uet. in Lyc. Alex. 641) e in opere grammaticali sulla parola σκαρθμός, erroneamente apparentata con σκαρμός (Orion σ p. 148, 36 [Philoxenus fr. *594 secondo Theodoridis, sebbene il grammatico non sia citato esplicitamente], Et. Gud. σ p. 502, Et. Magn. p. 398 K. e 715 K., [Zon.] σ p. 1649). In greco moderno è prevalsa la forma σκαρμός (cf. Triantafyllides s.v.).

Di σ esiste il diminutivo σκαλμίδιον (Aristoph. fr. 965 PCG). Da questa parola derivano il prestito latino scalmus, attestato a partire da Cicerone (Brutus 197; de or. 1.174; de off. 3.14.59), e gli aggettivi εὔσκαλμος “dai begli scalmi” (hapax in AP 7.215.3) e πολύσκαλμος “dai molti scalmi” (hapax in AP 7.295.14 [Leonida di Taranto]).

Gli aggettivi composti τρίσκαλμος, τετράσκαλμος (hapax in D.S. 40.1.3), πεντέσκαλμος (hapax in Ephipp. fr. 5 PCG 17 [πεντε- van Herwerden 1876, 308 : πέντα- codd.]), δεκάσκαλμος (Suda δ 179, ε 2411; latinizzato in decemscalmus compare in Cic. ad Att. 16.3.6), δωδεκάσκαλμος (hapax in Plut. Caes. 38.1) indicano, come osserva Casson 1971, 158, il numero di scalmi per la singola fiancata, come dimostrano τρίσκαλμος e πεντέσκαλμος, costruiti con numeri dispari.

È poi attestato il sostantivo ἐπισκαλμίς (Poll. 1.88), che indica la parte dello scalmo su cui poggia il remo. Si ipotizza origine greca per il termine lat. medievale palescarmus o parascalmus da cui proviene l’italiano “palischermo” (GDLI s.v.): è però incerto se possa derivare dall’hapax poetico πολύσκαλμος (DizMar s.v. “palischermo”) oppure dal sostantivo παρασκάρμος (Koukoules 1951, 25), forma secondaria di un non attestato *παράσκαλμος, usata nella cronaca cipriota di Leontios Machairas (XIV-XV sec. ca., Dawkins 1932, vol. 1, 588) con il significato di “piccola barca, scialuppa” (vd. anche Coromines 1936, 286-88). Sulla questione vd. in generale Kahane 1958, 330-1, e Cortelazzo 1970, 165-6. È attestato anche il sostantivo παρασκάλμιον (Michael Panaretus, chronica de imperatoribus Comnenis, p. 76 e p. 79 Lampsides = §§ 89 e 100 Kennedy), dal significato affine a παρασκάρμος (cf. LBG s.v.): che si tratti di un’imbarcazione di piccole dimensioni è chiaro dall’esplicito contrasto, a p. 79 Lampsides = §100 Kennedy, tra i παρασκάλμια e i κάτεργα μεγάλα.

Attestazioni lessicografiche

Poll. 1.87 ὅθεν μὲν αἱ κῶπαι ἐκδέδενται, σκαλμός, ᾧ δὲ ἐκδέδενται, τροπωτήρ, καὶ τροπώσασθαι ναῦν; Phot. σ 271 σκαλμοί· τὰ ξύλα, ὧν δέονται αἱ κῶπαι πρὸς τὴν εἰρεσίαν (= Glossae rhetoricae e cod. Coislin. 345 σ p. 302, Et. Magn. p. 398 K.), Et. Magn. p. 715 K. Σκαλμός: Περὶ ὃν δεσμεύουσι τὰς κώπας πάσσαλον (cf. [Zon.] σ p. 1650; Theodoridis, editore di Fozio, nell’apparato al passo foziano riportato supra indica che la stessa glossa è presente anche nell’Et. Gen. e in Et. Sym.: i passi non sono editi ed egli stesso ha ispezionato i codd. BAV Vat. gr. 1818 e BML S. Marco 304 per l’Et. Gen. e Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. gr. Q° 20, fol. 166v, per Et. Sym.).

Trattazione:

Come si è visto, il verbo σκάλλω da cui σ deriva significa “fendere, zappare”: la parola σκαλμός può anche indicare un’operazione di scavo o di zappatura del terreno, come in P. Oxy. 1631, l. 12 (un contratto di lavoro in una vigna, del 21 dicembre 280) o in P. Oxy. 3354, l. 12 (documento di argomento simile, attorno al 20 ottobre 257), similmente a σκαλισμός.

Il termine è però attestato perlopiù in ambito navale e indica il gancio su cui è appoggiato il remo quando si compie la remata: l’italiano “scalmo” (su cui vd. Guglielmotti 1889, 1576-7, e GDLI s.v.), lo spagnolo “escàlamo” e il catalano “escàlem”, provenienti dal latino scalmus, hanno mantenuto questo significato. Il termine è quindi sinonimo dell’omerico ➔κληΐς. Il loro uso è confermato da alcune raffigurazioni iconografiche geometriche (vd. infra). Il remo era legato allo scalmo tramite uno stroppo (➔τροπός o ➔τροπωτήρ): vd. Aesch. Pers. 375-6 ναυβάτης τ’ ἀνὴρ | τροποῦτο κώπην σκαλμὸν ἀμφ’ εὐήρετμον, “il marinaio legava il remo allo scalmo dalla buona voga”.

σ è attestato a partire da Hymn. Hom. in Dionysum (7) 42 (l’inno è probabilmente da datare alla seconda metà del VI sec. a. C.: vd. West 2003, 16-7). Il termine si ritrova poi in alcuni passaggi tragici (oltre al passo di Eschilo citato supra, vd. Eur. IT 1347, Hel. 1598) e in un problema dei Meccanici aristotelici (850 b) in cui si analizza il movimento del remo nello scalmo come se fosse una leva (per un commento all’impostazione teorica del problema vd. Ferrini 2010 ad loc.). Vd. anche A.R. 1.379 e 392, [Orph.] Argon. 1179.

Un passo di Arriano (Ind. 27.5), basato su materiali di Nearco (BNJ 133 F 1 iii), è particolarmente prezioso per comprendere l’utilizzo dello σ: egli riporta, infatti, che a Cofante, un porto marittimo della Carmania (nell’odierno Iran meridionale), i pescatori ταῖς κώπαις οὐ κατὰ σκαλμὸν ἤρεσσον ὡς ὁ Ἑλλήνων νόμος, ἀλλ’ ὥσπερ ἐν ποταμῷ τὸ ὕδωρ ἐπιβάλλοντες ἔνθεν καὶ ἔνθεν, κατάπερ οἱ σκάπτοντες τὴν γῆν, “non vogavano con i remi nello scalmo secondo l’uso dei Greci, ma, come se fossero in un fiume, facendo leva sull’acqua da una parte e dall’altra, come chi scava la terra” (ποταμῷ è ritenuto corrotto da Roos, Wirth 1968, ma non è chiaro quale sarebbe il motivo che ha portato a dubitare di questo testo). Arriano descrive con chiarezza dei pagaiatori; se il testo trasmesso è sano, se ne potrebbe dedurre che al tempo di Nearco (II metà del IV sec. a. C. ca.) l’uso greco prevedesse gli scalmi per navi marine, e che il pagaiare fosse più tipico della navigazione fluviale; vd. però Dognini 2000 ad loc., che richiama la decorazione superiore della stanza 5 della casa occidentale di Tera (I metà del II millennio a. C.), in cui vi sono dei pagaiatori in acque marine. Cf. Longo 1987, 22, e Doumas 1992, 48-9.

Per estensione, il termine passa anche a indicare la “fila dei rematori” (parallelamente alla fiancata della nave). Ciò accade in Polibio (16.2.4 [ed. Foulon 1995], passo trasmesso tramite excerpta; vd. anche Collatz 2002 s.v. σκαλμός), dove un una nave rimane incastrata ὑπὸ τὸν θρανίτην σκαλμόν di un’altra. Una simile estensione del significato originario è ravvisabile anche nell’aggettivo χρυσόσκαλμος: usato in due documenti epigrafici (SB 1.4542; SB 5.7780) per una nave cerimoniale, indica probabilmente un’imbarcazione in cui la parte dorata fosse «le parement qui longe la ou les toletières le long de la coque» (Bingen 2002, 300, n. 13).

Oltre agli usi epigrafici del derivato riportato supra, σ ha alcune attestazioni papirologiche: in SB 14.11625 (databile al I sec.), ll. 10-4, viene ordinata la costruzione di 12 σ (l’incarico è affidato a un τορυνευτής, probabile forma errata di τορνευτής); il termine è usato in una sezione estremamente frammentaria di P. Wisc. 2.38 (datato tra 54 e 67), un registro di conti (l. 110).

Poco chiaro è perché uno σκαλμός abbia scatenato una guerra tra Calcedonia e Bisanzio ricordata da Plut. fr. 49 (ad Hes. op. 346-8): Χαλκηδονίους καὶ Βυζαντίους διὰ τὴν ἔμφυτον δυσμένειαν περὶ σκαλμοῦ [Hemsterhuys : σκάλμου AZBQU : σαρκὸς R] διενεχθέντας ἐν τῷ Βοσπόρῳ ναυμαχῆσαι [Dübner : ναυμαχήσαντας codd.], “i Calcedoni e i Bizantini, in disaccordo su uno scalmo a causa dell’innata ostilità tra di loro, ebbero una battaglia navale sul Bosforo”. L’episodio, non ricordato da nessuna altra fonte (schol. Tz. in Hes. op. 344 bis sembra dipendere dal medesimo passo plutarcheo), potrebbe anche essere leggendario (sempre ammesso che σκάλμου di AZBQU, corretto da Hemsterhuys in perispomeno, sia il testo originale e non una corruttela).

σ è usato in Oribasio (Collectiones medicae 49.5.12, 27.7) come sinonimo del più comune πριαπίσκος, “perineal peg” (LSJ s.v., I, 2), un componente della cosiddetta “panca di Ippocrate” (su cui vd. Withington 1928, 453-5; la descrizione di Oribasio deriva da Rufo di Efeso): il termine è probabilmente usato per la sua forma, che doveva ricordare quella del πριαπίσκος.

Nota alle immagini

Fig. 1 Cratere attico ricostruito da frammenti, 750-725 a. C. Louvre, A 534. L’imbarcazione presenta alcune sporgenze verticali che con ogni probabilità sono scalmi (GOS, 18. Per altre indicazioni iconografiche vd. ibidem, 18-20). Immagine ottenuta da https://collections.louvre.fr/en/ark:/53355/cl010252193

Fig. 2 Frammento di cratere attico, 750-725 a. C. Louvre, A 528. Immagine ottenuta da https://collections.louvre.fr/en/ark:/53355/cl010288422

Fig. 3 La bireme presenta degli scalmi c.d. «all’ascomato», «quell[i] fornit[i] di un manicotto di cuojo, che, senza impedire il giuoco del remo, escludeva l’ingresso dell’acqua» (Guglielmotti 1889, 1576). Immagine ottenuta da https://commons.wikimedia.org/wiki/File:D473-bir%C3%A8me_romaine-Liv2-ch10.jpg.

Bibliografia
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Galleria fotografica
Data inserimento 09/07/2023
DOI 10.25429/sns.it/lettere/lgnn0010
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