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Verso il Patto per la Salute 2019-2021

Editoriale

Verso il Patto per la Salute 2019-2021
Antonino Cartabellotta

Evidence 2019;11(2): e1000194 doi: 10.4470/E1000194

Pubblicato: 18 febbraio 2019

Copyright: © 2019 Cartabellotta et al. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

La Legge di Bilancio 2019 ha fissato in € 114.439 milioni il fabbisogno sanitario nazionale (FSN) per l’anno in corso e messo nero su bianco un sospirato aumento di € 3,5 miliardi per il prossimo biennio (+ € 2 miliardi nel 2020 e + € 1,5 miliardi nel 2021). Tali risorse sono subordinate alla stipula entro il 31 marzo 2019 di un’intesa Stato-Regioni sul Patto per la Salute 2019-2021 che deve contemplare “misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi”. A due mesi esatti da questa scadenza proviamo a scrutare nella sfera di cristallo i possibili contenuti del nuovo Patto, senza dimenticare che il suo predecessore è rimasto in larga misura disatteso, tanto da essere ironicamente ricordato come “Pacco” per la Salute 2014-2016.

Ad una attenta lettura degli obiettivi del nuovo Patto, ben delineati al comma 516 della Legge di Bilancio, risalta in filigrana una forte impronta “centralista” finalizzata a restituire (giustamente) allo Stato maggiori capacità di indirizzo e verifica sulle Regioni. Un obiettivo che, tuttavia, stride molto sia con le modalità che regolano la leale (?) collaborazione Stato-Regioni a cui è affidata la tutela della salute delle persone, sia con il contagioso virus del regionalismo differenziato che lascia emergere, nei 3 pre-accordi in essere, troppe richieste di autonomia. Con queste premesse, esiste il rischio concreto di confezionare un nuovo “pacco” (per i cittadini), sia perché la Legge di Bilancio vincola il finanziamento 2020-2021 solo alla sottoscrizione (e non all’attuazione) del Patto, sia perché i € 3,5 miliardi di aumento del FSN sono inevitabilmente legati ad ardite previsioni di crescita economica che iniziano impietosamente a vacillare. Infatti, se da un lato l’Istat ha già certificato che il Paese è in recessione, dall’altro il rapporto dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha lanciato l’allarme sulle clausole di salvaguardia, sottolineando che le politiche allocative implicano una perdita di terreno della sanità rispetto alla crescita del PIL nominale. In particolare, rispetto al tendenziale, la spesa sanitaria potrebbe ridursi di circa € 170 milioni nel 2020 e di € 1 miliardo nel 2021.

Ecco perché, leggendo con spirito critico gli obiettivi che dovranno guidare la stesura del Patto, nella sfera di cristallo si intravede solo un gentleman agreement tra Stato e Regioni che rischia ancora una volta di rimanere solo sulla carta:

  • Revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria […] al fine di promuovere maggiore equitĂ  nell’accesso alle cure.
  • Rispetto degli obblighi di programmazione […] in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e dell’assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicitĂ  e alle liste d’attesa.
  • Valutazione dei fabbisogni del personale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e dei riflessi sulla programmazione della formazione di base e specialistica […].
  • Implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del SSN che consentano di tracciare il percorso seguito dal paziente […] tenendo conto delle infrastrutture giĂ  disponibili nell’ambito del Sistema tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico.
  • Promozione della ricerca in ambito sanitario.
  • Miglioramento dell’efficienza e dell’appropriatezza nell’uso dei fattori produttivi e l’ordinata programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati che siano preventivamente sottoposti a controlli di esiti e di valutazione con sistema di indicatori oggettivi e misurabili […].
  • Valutazione del fabbisogno di interventi infrastrutturali di ammodernamento tecnologico.

Nella sfera di cristallo inizia, dunque, a materializzarsi un Patto molto nebuloso sia in termini di programmazione, sia soprattutto di attuazione. Lo Stato sta infatti chiedendo alle Regioni di condividere e sottoscrivere obiettivi che appartengono ad una delle seguenti categorie: incompiute ultradecennali (riordino ticket, implementazione tessera sanitaria e fascicolo sanitario elettronico); analisi dettagliate che richiedono studi ad hoc, idealmente indipendenti, e tempi non immediati (valutazione del fabbisogno del personale e programmazione del fabbisogno formativo, valutazione del fabbisogno di ammodernamento strutturale e tecnologico); implementazione di strumenti già previsti da normative esistenti (reti nel DM 70/2015 e nel Piano Nazionale per le Cronicità) non ancora attuati per criticità nell’offerta di servizi e/o per resistenze al cambiamento; sommarie dichiarazioni d’intenti prive di finanziamenti dedicati (promozione della ricerca sanitaria); obiettivi di programmazione generici (miglioramento di efficienza e appropriatezza nell’uso di fattori produttivi) o inverosimili da raggiungere (programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati previa valutazione degli indicatori del Programma Nazionale Esiti).

Ecco perché, se il Patto per la Salute deve servire realmente ai cittadini, Stato e Regioni dovrebbero rispondere con grande onestà politica ad alcune domande. Perché TUTTE le Regioni dovrebbero impegnarsi ad attuare le misure del Patto se per ottenere le risorse è sufficiente la sua stipula entro il 31 marzo? Che cosa accadrà in occasione della stesura della Legge di Bilancio 2020 e 2021 se le misure concordate nel Patto rimarranno parzialmente o totalmente inattuate? A legislazione vigente, quali strategie può mettere in atto lo Stato per assicurare che TUTTE le Regioni raggiungano gli obiettivi concordati? Con quali modalità lo Stato potrà dosare bastone e carota per far fronte alla verosimile eterogeneità di attuazione nelle diverse Regioni delle misure del Patto? Se l’incremento di € 2 miliardi previsto per il 2020 non dovesse essere confermato, il Patto salterà a fine 2019 oppure gli obiettivi saranno rimodulati?

Vorrei che questo scetticismo fosse oscurato dal mio inguaribile ottimismo, dal desiderio di essere smentito e stupito dal Patto che Stato e Regioni riusciranno a tirar fuori dal cilindro, così da poter finalmente “rottamare” la mia sfera di cristallo. Ma le recenti dichiarazioni di alcuni Governatori e Assessori, la mancata rimozione del tetto di spesa per le assunzioni del personale del SSN nel DL semplificazioni, le incertezze sulla crescita economica e l’avanti tutta sul regionalismo differenziato – sdoganato anche dalla Ministra Grillo e dal Premier Conte – mi impongono di frenare gli entusiasmi e di non essere precipitoso. E visto che la strada del Patto sarà lunga, dissestata e tutta in salita, la mia sfera di cristallo potrà dormire sonni tranquilli.