Principio di proporzionalità [dir. amm.]

Diritto on line (2012)

Diana-Urania Galetta

Abstract

Viene esaminata la struttura e la funzione del principio di proporzionalità sia con riguardo alla sua origine nel diritto tedesco, che con riguardo ai suoi importanti sviluppi all’interno della giurisprudenza dei giudici dell’Unione europea. Viene poi tratteggiata l’importanza che tale principio ha di recente assunto nel nostro ordinamento nazionale: sia come criterio guida dell’azione amministrativa, che come essenziale parametro per il sindacato giurisdizionale dell’azione amministrativa da parte dei nostri giudici amministrativi.

1. Premessa

Se le origini del principio di proporzionalità sono certamente da farsi risalire al diritto tedesco, è per il tramite della giurisprudenza della Corte di giustizia UE che questo principio si è successivamente diffuso anche all’interno di altri ordinamenti nazionali. Lo sviluppo tutto comunitario del principio di proporzionalità, oltre ad avere infatti avuto importanti effetti di ritorno (cd. feed-back effect) sull’ordinamento (tedesco) di origine del principio, ha comportato, infatti, anche un rilevantissimo fenomeno di espansione progressiva del principio all’interno di altri ordinamenti nazionali dell’area comunitaria. In particolare, ordinamenti quale quello italiano, in cui il principio di proporzionalità era del tutto sconosciuto come tale alla tradizione giuridica nazionale, si sono ritrovati progressivamente ad applicare in modo estensivo detto principio anche per fattispecie senza alcuna diretta rilevanza per il diritto UE . Si tratta del ben noto effetto di «spill-over», tipico dei principi generali del diritto UE. Effetto che nel nostro ordinamento è stato peraltro largamente amplificato grazie alla previsione di cui all’art. 1, co. 1 della l. n. 241/90, come modificata nel 2005.

Come esempi di spill-over del principio di proporzionalità - oltre al caso dell’ordinamento italiano - vi è anche il caso, molto interessante, dell'ordinamento britannico: in cui, dopo una fase di iniziale di resistenza ad oltranza dei giudici nazionali all'applicazione del principio di proporzionalità comunitario, in ragione della preferenza accordata al nazionalissimo «Wednesbury-Test», la giurisprudenza più recente applica ormai sovente, a fattispecie a mera rilevanza nazionale, il principio di proporzionalità sul modello di quello applicato dai giudici UE ed al posto del «Wednesbury-Test» (v. ad es. House of Lords, 9 maggio 2001, Alconbury; House of Lords, 21 marzo 2002, Regina v Shayler, punto 75; House of Lords, 22 maggio 2003, Wrexham County Borough Council v. Berry and Others; House of Lords, 15 maggio 2003, Regina v. British Broadcasting Corporation, tutte in http://www.publications.parliament.uk.).

2. Le origini tedesche del principio

In base alla formula coniata da Fleiner già nel 1912, nel contesto specifico del «Polizeirecht» tedesco, il principio di proporzionalità implica che «La polizia non deve sparare ai passeri con i cannoni» (Fleiner, F., Institutionen des Deutschen Verwaltungsrechts, Tübingen, 1912, 354). Il che sta a significare, che le limitazioni alla libertà individuale non debbono mai superare la misura di quanto appaia assolutamente necessario al raggiungimento dell’obiettivo di pubblico interesse perseguito dall'autorità. Successivamente, in un fondamentale studio del 1955, Von Krauss ha chiarito come ci si trovi nel campo di applicazione del principio di proporzionalità solo ove si constati l’esistenza di un interesse generale che può venire soddisfatto unicamente per il tramite di un intervento lesivo nella sfera privata del singolo (von Krauss, R., Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit in seiner Bedeutung für die Notwendigkeit des Mittels im Verwaltungsrecht, Hamburg, 1955, 94 ss.).

Nel diritto tedesco il principio di proporzionalità risulta dall'unione di tre diversi elementi, che già a partire dalla nota Apothekenurteil (Bundesverfassungsgericht, 11.6.1958, in BVerfGE 7, 377 ss.) sono stati riuniti dalla giurisprudenza costituzionale tedesca nel principio di proporzionalità lato sensu: trattasi dei tre elementi della idoneità (Geeignetheit), della necessarietà (Erforderlichkeit) e della proporzionalità in senso stretto (Verhältnismäßigkeit im engeren Sinne).

Il parametro dell’idoneità è stato efficacemente descritto dal Bundesverfassungsgericht tedesco in una sua nota pronunzia del 1971, ove esso ha precisato che un mezzo appare idoneo al raggiungimento dell’obiettivo prefissato «allorché con il suo aiuto si possa sensibilmente favorire il risultato desiderato» (BVerfG, 16.3.1971, in BVerfGE 30, 292 ss.). Nella medesima pronunzia il BVerfG ha tuttavia precisato, che il pronostico effettuato deve risultare giustificato e ragionevole ma che, comunque, «… appare sufficiente (l’esistenza) della possibilità in astratto che l’obiettivo venga raggiunto» (BVerfG, sentenza 16.3.1971 cit.). La Corte costituzionale federale fa infatti riferimento sempre ad una possibilità di valutazione ex ante: in rapporto alla quale viene riconosciuta anche la possibilità di un errore nella valutazione circa il possibile sviluppo futuro degli eventi.

Il parametro della necessarietà è invece efficacemente sintetizzato dall’espressione «imposizione del mezzo più mite». Esso implica, infatti, che la scelta del mezzo per conseguire il raggiungimento di un dato obiettivo si basi sul presupposto che non è disponibile nessun altro mezzo egualmente efficace, ma che possa incidere meno negativamente nella sfera del singolo. Va tuttavia precisato che, nella giurisprudenza dei giudici tedeschi, l’esame della necessarietà implica unicamente un giudizio di tendenziale equivalenza dei risultati, tenuto conto anche del fatto che a detto esame appartengono criteri valutativi collegati al grado soggettivo di interferenza nella sfera del destinatario del mezzo: che in taluni casi ha la possibilità di proporre lui stesso alternative d’azione all’Amministrazione.

Il terzo parametro di valutazione è, infine, la proporzionalità in senso stretto. Essa si è affermata pienamente quale canone valutativo solo dopo il 1945: a seguito, cioè, dell’esperienza totalitaria dello Stato nazionalsocialista. L’osservanza di questo terzo parametro implica, infatti, in estrema sintesi, che la misura adottata dai pubblici poteri non deve essere tale da gravare in maniera eccessiva sull'interessato e da risultargli, perciò, intollerabile. Sicché la valutazione comparativa inerente all'applicazione di questo parametro è necessariamente influenzata, nel suo esito finale, dall'incisività dell'intervento lesivo programmato: quanto più sensibilmente si ritiene di dovere intervenire nella sfera giuridica del singolo, tanto più rilevante dovrà essere l'interesse generale della collettività che con quell’intervento si intende perseguire (BVerfG, 23.3.1960, in BVerfGE 11, 30 ss). Come conseguenza dell’applicazione di questo terzo parametro di valutazione i pubblici poteri potranno doversi astenersi dall’adottare la misura oggetto della valutazione comparativa, pure ove essa abbia già superato l’esame relativo, rispettivamente, alla sua idoneità ed alla sua necessarietà (v. sul punto Lerche, P., Übermaß und Verfassungsrecht. Zur Bindung des Gesetzgebers an die Grundsätze der Verhältnismäßigkeit und Erforderlichkeit, Köln e.a., 1961, 129 ss.).

Quanto, infine, al campo di applicazione del principio nel diritto pubblico tedesco, esso si trova in stretto legame con i diritti fondamentali: la sua origine - come già si è detto - si fa infatti risalire al diritto di polizia. Attualmente, tuttavia, il suo ambito di applicazione si estende, più in generale, a tutte le misure poste in essere dalla pubblica amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni; quindi, all’intera sfera d’azione del diritto amministrativo (generale e speciale).

3. Il principio di proporzionalità nell'ordinamento dell’Unione europea

3.1 Origini e natura del principio

Nel contesto del diritto UE il principio di proporzionalità va certamente collocato fra quei principi generali del diritto che sono stati enucleati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia in base al noto metodo della comparazione giuridica. La Corte di giustizia vi ha fatto infatti esplicito riferimento sin dagli esordi della sua giurisprudenza (v. ad es. C. giust., 16.7.1956, in C-8/55, Fédération Charbonnière, in Racc., 1955-56, 199 ss.; C. giust., 14.12.1962, in cause riunite C-5-11, 13-15/62, Società acciaierie San Michele, in Racc., 1962, 917 ss.; C. giust., 19.3.1964, in C-18/63, Schmitz, in Racc., 1964, 175 ss.) ed esso si è poi progressivamente affermato come essenziale strumento di sindacato giurisdizionale, applicato a quasi tutti i settori del diritto dell’Unione europea.

Secondo quanto espressamente affermato dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, a tale principio spetta rango costituzionale, quale principio generale finalizzato a limitare le misure comunitarie restrittive, comprese quelle adottate dal legislatore (v. C. giust., 17.12.1970, in C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc., 1970, 1125 ss.; C. giust., 24.10.1973, in C-5/73, Balkan-Import-Export, in Racc., 1973, 1091 ss.). Con il Trattato di Maastricht del 1992 il principio di proporzionalità - limitatamente all’aspetto relativo alla necessarietà - è stato peraltro inserito direttamente all’interno del Trattato, all'art. 3 B (divenuto poi l’art. 5 TCE), che si riferiva, tuttavia, alla sola attività delle istituzioni comunitarie. In seguito, con il Trattato di Amsterdam del 1997, ai principi di sussidiarietà e proporzionalità è stato dedicato un apposito protocollo, la cui prima disposizione ricalca, sostanzialmente, quella di cui all’art. 3 B, con l’aggiunta, però, della precisazione espressa che l’obbligo di rispetto del principio incombe a «ciascuna istituzione». Il protocollo in questione (ora Protocollo n. 2) è stato ripreso, con alcune modifiche, anche dal Trattato di Lisbona che, entrato in vigore il 1.12.2009, ha anche sostituito il vecchio art. 5 TCE con l’art. 5 TUE.

In sintesi, dunque, nel diritto dell’Unione europea, il principio di proporzionalità si impone sempre come canone di azione: ma, a seconda, dei casi, esso si impone o nella sua qualità di principio generale del diritto UE, riconosciuto come tale dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia. Ovvero, con riguardo specifico all’azione posta in essere dalle istituzioni UE, esso si impone per via della sua espressa menzione all’interno del Trattato, che limita però il riferimento relativo al solo requisito della necessarietà. Ne deriva comunque, in entrambe le ipotesi, una sua sovra-ordinazione rispetto alle norme del diritto dell’Unione europea di rango primario.

Il principio di proporzionalità è poi oggetto di espressa menzione anche in numerose norme di diritto primario (o derivato che dir si voglia): regolamenti e direttive settoriali, che ne precisano di volta in volta l’ambito di applicazione, senza tuttavia nulla togliere alla sua natura «superprimaria».

3.2 L’applicazione del sindacato di proporzionalità nella giurisprudenza dei giudici UE

Nella giurisprudenza dei giudici dell’Unione europea il sindacato di proporzionalità è applicato sia alle misure di carattere normativo, che alle misure di natura amministrativa adottate dalle istituzioni, organi ed organismi dell’Unione e, in particolare, dalla Commissione (v. C. giust., 21.6.1979, in C-240/78, Atlanta, in Racc., 1979, 2137 ss.; C. giust., 5.7.1977, in C-114/76, Bela-Mühle, in Racc., 1977, 1211 ss.; C. giust., 13.11.1990, in C-331/88, Fedesa, in Racc., 1990, I-4023 ss., punto 13; C. giust., 5.5.1998, in C-180/96, Regno Unito c. Commissione, in Racc., 1998, I-2265 ss., punto 96).

L’esistenza del vizio di proporzionalità, sebbene sia assai sovente eccepita dai ricorrenti, viene tuttavia assai di rado positivamente accertata dal giudice UE, con conseguente annullamento dell’atto impugnato. In questo specifico contesto si tratta infatti, per lo più, di sindacare misure adottate in contesti ad alta complessità tecnica e rispetto a cui vi è un ampio margine di imprevedibilità dei risultati a priori. Sicché, in contesti siffatti (quale ad es., tipicamente, quello della politica agricola comune: v. ad es. C. giust., 7.9.2006, in C-310/04, Regno di Spagna c. Consiglio dell'Unione europea, in Racc., 2006, I-7285 ss., punto 97) i giudici UE compiono un sindacato che è necessariamente limitato alla cd. apparenza esterna. Questo comporta, che tutto si gioca sull’onere della prova: è infatti necessario che l’organo che ha adottato l’atto sappia fornire al giudice l’illustrazione di quegli elementi che lo hanno spinto ad usare così del suo (pur ampio) potere discrezionale (v. ad es. C. giust., 7.9.2006 cit., punto 122, 134 s., ove la Corte conclude che, data l’assenza degli elementi di prova di cui sopra, il principio di proporzionalità è stato violato). Una volta fornito questo «principio di prova» il giudice europeo non si spingerà, tuttavia, troppo oltre nel suo sindacato sugli atti adottati da «organi» UE e si limiterà a verificare che non siano stati palesemente violati i criteri dell’idoneità e della necessarietà (v., fra le più recenti, C. giust., 14.5.2009, in C-34/08, Azienda Agricola Disarò; C. giust., 4.6.2009, in C-142/05, Aklagaren; C. giust., 11.6.2009, in C-33/08, Agrana Zucker; C. giust., 7.7.2009, in causa C-558/07, S.P.C.M. SA e.a., tutte in http://eur-lex.europa.eu).

Il principio di proporzionalità trova applicazione, in secondo luogo, anche con riguardo alle misure - normative o amministrative - adottate dagli Stati membri in esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. A questo secondo proposito - ed in sintesi estrema - la giurisprudenza dei giudici UE può essere sostanzialmente raggruppata all’interno di tre grandi categorie (A, B e C).

A) Una prima importante categoria racchiude le sentenze in cui il sindacato di proporzionalità riguarda le misure (normative o amministrative) adottate dagli Stati membri con l’effetto di limitare libertà o diritti fondamentali previsti dal Trattato o da norme di diritto derivato. Se da un lato, infatti, la Corte di giustizia riconosce come legittima l’esigenza di limitare eventualmente libertà o diritti previsti dal Trattato o da norme di diritto derivato allo scopo di perseguire «scopi d'interesse generale», dall’altro queste limitazioni devono superare il sindacato di proporzionalità.

In questo specifico contesto il sindacato di necessarietà gioca un ruolo centrale nella giurisprudenza della Corte che - oltre ad esaminare l’idoneità della misura adottata dallo Stato membro rispetto al perseguimento dello scopo d’interesse generale da esso invocato - non tralascia mai di verificarne anche la necessarietà: intesa come inesistenza di strumenti equipollenti in termini di risultati, ma meno limitativi della libertà o del diritto fondamentale in questione (fra le più recenti v. C. giust., 22.12.2008, in C-336/07, Kabel Deutschland; C. giust., 5.3.2009, in C-88/07, Commissione c. Regno di Spagna; C. giust., 28.4.2009, in C-518/06, Commissione c. Repubblica italiana; C. giust., 17.9.2009, in C-182/08, Glaxo Wellcome; 12.1.2010, in C-229/08, Colin Wolf, tutte in http://eur-lex.europa.eu).

Quanto alla verifica circa la proporzionalità in senso stretto, al di là delle affermazioni generiche, in realtà la Corte di giustizia, una volta verificata la sussistenza dei due requisiti della idoneità e della necessarietà, nemmeno in questo contesto si addentra in un sindacato di proporzionalità in senso stretto (fra le più recenti v. C. giust., 8.9.2009, in C-42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional, in http://eur-lex.europa.eu.). Fanno eccezione solo quelle pronunzie - che rientrano anch’esse in questa prima categoria - in cui la Corte compie un sindacato di proporzionalità sulle misure adottate dagli Stati membri in deroga ad obblighi previsti da singole direttive, allorquando siano le stesse direttive a prevedere, per specifiche ragioni espressamente menzionate, detta possibilità di deroga. In questo caso si tratta, infatti, di verificare, non solo in che misura le deroghe agli obblighi previsti dalla direttiva siano idonee e necessarie a tutelare l’interesse così perseguito e che la direttiva medesima fa oggetto di riserva. Si tratta anche di vedere sino a che punto queste deroghe siano proporzionali in senso stretto: non siano cioè tali da mettere del tutto in forse il perseguimento degli obiettivi previsti dalla direttiva medesima (v. da ultimo C. giust., 10.9.2009, in C-76/08, Commissione c. Repubblica di Malta, in http://eur-lex.europa.eu, punto 57 ss.).

B) La seconda categoria di pronunzie concerne la casistica relativa alle misure (normative o amministrative) adottate dagli Stati membri in violazione del principio di concorrenza. In particolare, rilevano in questo contesto gli aiuti (sotto qualsiasi forma) accordati ad imprese nazionali (v. C. giust., 8.6.1982, in C-258/78, Nungesser, in Racc., 1982, 2015 ss., punto 77; C. giust., 25.3.1981, in causa 61/80, Coöperatieve Stremsel, in Racc., 1981, 851 ss., punto 18); le misure atte a favorire cartelli e associazioni fra imprese nazionali, nonché abusi di posizione dominante (v. C. giust., 16.12.2008, in causa C-213/07, Michaniki, in http://eur-lex.europa.eu; C. giust., 23.12.2009, in causa C-376/08, Serrantoni, ibid.); nonché tutte le misure che introducono di fatto limitazioni rispetto alla possibilità di partecipare a gare d’appalto in uno Stato membro.

Anche in questa seconda categoria di pronunzie il sindacato di proporzionalità si incentra sulla verifica della necessarietà della restrizione alla concorrenza che la norma o il provvedimento controverso producono, rispetto all’obiettivo di interesse generale perseguito. Qui la verifica è tuttavia assai più pregnante e implica un particolare onere probatorio a carico dello Stato membro che voglia dimostrare la proporzionalità della misura controversa. A tale proposito la giurisprudenza appare tanto vasta, quanto costante nel mantenere i suoi indirizzi (v. O. Koch, Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit in der Rechtsprechung des Gerichtshofs der Europäischen Gemeinschaften, Berlin, 2003, 546 ss.).

C) Infine, la terza categoria di pronunzie include quelle inerenti a rinvii pregiudiziali ed in cui l’applicazione del principio di proporzionalità viene in questione rispetto ad atti nazionali che implementano norme comunitarie, in particolare per quel che concerne l’applicazione di sanzioni o l’erogazione di benefici (v. da ultimo C. giust., 23.12.2009, in C-45/08, Spector Photo Group; C. giust., 11.6.2009, in C-170/08, Nijemeisland tutte in http://eur-lex.europa.eu).

3.3 Dal modello tedesco ad un modello UE di sindacato giurisdizionale della proporzionalità

Se è oramai assodato che la giurisprudenza comunitaria ha mutuato il principio di proporzionalità dall'ordinamento tedesco (v. Galetta, D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998), da un’analisi della giurisprudenza di Lussemburgo emerge tuttavia, in maniera altrettanto evidente, che il modello di sindacato giurisdizionale «a tre gradini» proposto dalla dottrina tedesca - e, per il vero, assai raramente applicato come tale anche dai giudici tedeschi - non ha mai trovato piena accoglienza nella giurisprudenza dei giudici UE. Con limitate eccezioni, infatti (prima fra tutte la sentenza C. giust., 11.07.1989, in C-265/87, Schräder, in Racc., 1989, 2237 ss.) il sindacato di proporzionalità compiuto dai giudici UE si limita, in sostanza, per lo più, alla verifica dei requisiti dell’idoneità e della necessarietà. Inoltre l’applicazione del principio di proporzionalità avviene spesso alterando la sequenza di applicazione dei suoi elementi costitutivi (v. ad es. C. giust., 2.5.1990, in C-357/88, Hopermann, in Racc., 1990, I-1669 ss.).

Un elemento che certamente contribuisce in modo determinante a ridurre le possibili coincidenze «sostanziali» del principio di proporzionalità UE con il principio di proporzionalità tedesco è la ben nota divergenza di fondo d’impostazione fra i due sistemi: quello tedesco, tutto impostato su di una tutela giurisdizionale soggettivamente orientata e che tiene dunque conto soprattutto dell'intensità con cui la misura adottata abbia inciso nella sfera giuridica del ricorrente; e quello UE, invece, impostato sostanzialmente su di un modello di tutela giurisdizionale di tipo oggettivo, che tiene cioè conto, essenzialmente, degli interessi concretamente in gioco, senza attribuire un peso determinante alla misura del sacrificio patito dal singolo. Di tal che lo stesso sindacato di proporzionalità si concentra su di una valutazione comparativa degli interessi concretamente in gioco. Il che sembrerebbe peraltro avvicinare il sindacato di proporzionalità dei giudici UE più a quel «bilan avantages-coûts» tipico del principio di proporzionalità applicato dal Conseil d’Etat francese ed il cui obiettivo è di operare una valutazione complessiva e comparativa dei vantaggi e degli svantaggi prodotti dalla misura adottata, secondo una concezione multipolare degli interessi in gioco (in questo senso v. C. giust., 27.1.1987, in C-45/85, Verband der Sachversicherer, in Racc., 1987, 505 ss.; ma anche, assai più di recente, Trib. UE, 2.9.2009, in cause riun. T-37/07 e T-323/07, Mohamed El Morabit, e 14.10.2009, in T-390/08, Bank Melli Iran, in http://eur-lex.europa.eu). A quest’ultimo proposito è peraltro del tutto evidente il maggior rigore con cui il principio di proporzionalità è applicato da giudici UE allorché si tratti di operare una valutazione comparativa fra, da un lato, le esigenze poste dalle situazioni interne ai singoli Stati membri (che possano in astratto giustificare l’adozione di misure in deroga) e, dall’altro, l’esigenza di garantire quelle libertà, quei diritti e quei principi che sono la ragione stessa di esistenza dell’Unione europea (v. Papadopoulou, R.E., Principes Généraux du Droit et Droit Communautaire, Bruxelles, 1996, 252 ; Von Danwitz, Th., Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit im Gemeinschaftsrecht, in Europäisches Wirtschafts- & Steuerrecht, 2003, 400).

4. Il principio di proporzionalità nel diritto amministrativo italiano

4.1 La progressiva emersione del sindacato di proporzionalità nel diritto amministrativo italiano

Nel contesto dell’ordinamento italiano l’influenza del principio di proporzionalità UE si è manifestata chiaramente sin dalla prima metà degli anni Novanta. Sino a quell’epoca non esisteva, in effetti, nel nostro diritto pubblico un vero e proprio test di proporzionalità e l’'unico criterio di sindacato giurisdizionale che si poteva avvicinare concettualmente al test di proporzionalità era quel sindacato di ragionevolezza applicato, nella prassi, sia dal giudice delle leggi che dal giudice amministrativo (v. D.U. Galetta, El principio de proporcionalidad en el Derecho Público italiano, in Cuadernos de Derecho Publico, 1998/5, 299 ss.).

Nel contesto specifico del diritto amministrativo, tuttavia, i problemi collegati all’estrema «volubilità» del principio di ragionevolezza si erano nel corso del tempo cristallizzati, generando carenze dal punto di vista della tutela giurisdizionale accordata al privato titolare di interessi secondari confliggenti con l’interesse primario. Sicché è anche per questa ragione che, nei primi anni Novanta, a fianco al tradizionale sindacato di ragionevolezza, comincia a fare la sua comparsa, nella giurisprudenza dei nostri giudici amministrativi, un vero e proprio sindacato di proporzionalità, anche in fattispecie senza alcuna diretta rilevanza comunitaria (v. ad es. Cons. St., sez. V, 3.4.1990, n. 332, in Riv. giur. ed., 1990, I, p. 544 ss.; Cons. St., sez. V, 18.2.1992, n. 132, in Cons. Stato, 1992, p. 467 ss.; TAR Lombardia, sez. III, 2.4.1997, n. 354, in http://www.giustizia-amministrativa.it; TAR Lombardia, sez. III, 16.4.1998, n. 752, ibid.).

A partire dalla metà degli anni Novanta il principio di proporzionalità trova peraltro accoglimento anche nel linguaggio del nostro legislatore: che vi fa espresso riferimento non solo, come appare logico, in norme di diritto amministrativo intese a trasporre il contenuto di direttive comunitarie, ma anche con riguardo a norme di diritto amministrativo nazionale «puro» (esempi del primo tipo sono rappresentati dal d.lgs. 12.4.2006, n. 163 e dal d.lgs. 28.2.2008, n. 32, entrambi intesi a trasporre direttive comunitarie nell’ordinamento nazionale; esempi del secondo tipo sono, invece, il d.lgs. 3.4.2006, n. 152, Norme in materia ambientale, che all’art. 178, co. 3 menziona espressamente il principio di proporzionalità fra i principi a cui deve conformarsi l’attività di gestione dei rifiuti e la l. 28.12.2005, n. 262, Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari, che vi fa espresso riferimento all’art. 23, come principio di cui le autorità richiamate devono tenere conto nel definire il contenuto degli atti di regolazione generale).

Sotto il profilo della rilevanza dei principi del diritto dell’Unione europea per il diritto pubblico nazionale sono, tuttavia, i primi cinque anni del Duemila a rivelarsi cruciali. Rileva infatti, sotto questo profilo, anzitutto la modifica operata, con la l. cost. n. 3/2001, all’art. 117, co. 1 Cost. Ma, soprattutto, rileva quella operata con la l. n. 15/2005, di modifica della l. 241/90, che ha inserito all’art. 1 comma 1, fra i principi da cui è retta l’attività amministrativa, i «princípi dell'ordinamento comunitario» e, quindi, senza alcun dubbio, anche il principio di proporzionalità.

Dire che l’attività amministrativa è retta dal principio di proporzionalità sta a significare, in concreto, che questo principio trova applicazione non solo in sede di sindacato giurisdizionale sul cattivo uso della discrezionalità amministrativa, ma che esso rappresenta un parametro di riferimento costante per la pubblica amministrazione. Il cui agire deve essere, perciò, costantemente «proporzionato» all’obiettivo perseguito dalla norma attributiva del potere. E questa proporzione è possibile ricercarla solo attraverso l’individuazione ed il raffronto di tutti gli interessi concorrenti in gioco.

Ciò implica, in concreto, il dovere per l’amministrazione di investigare costantemente tutte le alternative possibili alla propria azione: in modo tale da ricercare sempre la soluzione non solo più idonea al perseguimento dell’interesse pubblico primario, ma anche lo strumento più mite fra quelli a sua disposizione, nell’ottica del criterio di necessarietà. Quanto, invece, al criterio della proporzionalità in senso stretto, in questo senso l’obiettivo dell’amministrazione deve essere quello di addivenire ad una composizione degli interessi in gioco che, attraverso un sacrificio bilanciato degli interessi diversi dall’interesse pubblico primario, si riveli, appunto, come proporzionata. Viceversa, il sacrificio degli interessi diversi dall’interesse primario non sarà giustificato e l’azione amministrativa contraria al principio di proporzionalità e come tale censurabile.

A questo scopo è ovviamente necessario che l’amministrazione espleti un’istruttoria adeguatamente approfondita, nel contesto della quale la partecipazione dei privati gioca un ruolo senza dubbio centrale. Ed è evidente che questa necessità di un’adeguata ed approfondita istruttoria, nell’ottica di un’attività amministrativa proporzionata, contrasta nettamente con quell’ansia di provvedere che, parimenti, caratterizza l’azione della nostra amministrazione e l’indirizzo che ad essa ha dato il nostro legislatore negli ultimi due decenni.

Il principio di proporzionalità - quale principio da cui è retta ora, in generale, tutta l’attività amministrativa - trova ovviamente applicazione anche con riferimento a quell’attività di esegesi della norma, che l’amministrazione necessariamente svolge onde procedere alla sua applicazione per i casi concreti. Esso trova infine applicazione, oltre che rispetto all’attività amministrativa diretta all’emanazione di atti provvedimentali, anche rispetto all’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione. Ai sensi infatti, rispettivamente, degli artt. 13 e 24 della l. n. 241/1990, sono solo le norme sulla partecipazione e sul diritto di accesso che non trovano applicazione rispetto a queste tipologia di attività.

4.2 L’applicazione del sindacato di proporzionalità nella più recente giurisprudenza amministrativa italiana

In linea generale può dirsi che, rispetto a quanto è dato riscontrare dall’analisi della giurisprudenza degli anni Novanta, la giurisprudenza degli anni Duemila si caratterizza per un’ampia applicazione del principio di proporzionalità, sia da parte dei Tribunali amministrativi regionali, che da parte del Consiglio di Stato.

Quanto ai contenuti di questo sindacato, le relative pronunzie possono essere sostanzialmente raggruppate all’interno di tre categorie: una prima categoria di pronunzie, in costante aumento, in cui i nostri giudici amministrativi fanno riferimento ad un modello trifasico di sindacato della proporzionalità (v. ad es. Cons. St., sez. IV, 1.10.2004, n. 6410; Cons. St., sez. VI, 17.4.2007, n. 1746/2007; Cons. St., sez. VI, 27.6.2007; Cons. St., sez. VI, 8.2.2008, n. 424; Cons. St., sez. VI, 10.3.2009, n. 1420; Cons. St., sez. VI, 11.1.2010, n. 19; TAR Puglia, Bari, sez. II, 24.10.2006, n. 3783; TRGA, Trento, 29.1.2009, n. 41; TAR Lazio, sez. I, 8.5.2009, n. 4994, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it.).

A questa si affianca una seconda categoria di pronunzie in cui il riferimento si limita, di fatto, al solo sindacato di idoneità e necessarietà (v. Cons. St., sez. IV, 22.6.2004, n. 4381; Cons. St., sez. IV, 5.10.2004, n. 6490; Cons. St., sez. IV, 28.2.2005, n. 702; Cons. St., sez. IV, 22.3.2005, n. 1195; Cons. St., sez. V, 14.4.2006, n. 2087; TAR Puglia, sez. I, n. 2790/2003, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it).

Permane poi, infine, un indirizzo giurisprudenziale piuttosto consistente in cui l’applicazione del principio di proporzionalità è connotata da confusione tra ragionevolezza e proporzionalità e scarsa chiarezza quanto ai criteri di sindacato connessi all’uno e/o all’altro principio (v. Cons. St., sez. VI, 6.2.2009, n. 699; Cons. St., sez. VI, 13.2.2009, n. 785; Cons. St., sez. VI, 2.3.2009, n. 1191; Cons. St., sez. VI, 6.3.2009, n. 1348; Cons. St., sez. VI, 4.6.2009, n. 3446; Cons. St., sez. IV, 8.6.2009, n. 3501; Cons. St., sez. IV, 12.6.2009, n. 3723; Cons. Stato, sez. VI, 11.1.2010, n. 14; TAR Puglia, Bari, Sez. I, 12.1.2010, n. 21; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 15.1.2010, n. 16, tutte in http://www.giustizia-amministrativa.it).

Fonti normative

Art. 5 TUE; art. 117, co. 1 Cost.; art. 1, co.1., l. n. 241/1990.

Bibliografia essenziale

Cognetti, S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2010; von Danwitz, Th., Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit im Gemeinschaftsrecht, in Europäisches Wirtschafts- & Steuerrecht, 2003, 393 ss.; Emiliou, N., The principle of Proportionality in European Law, London, 1996; Fleiner, F., Institutionen des Deutschen Verwaltungsrechts, Tübingen, 1912; Galetta, D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998; Galetta, D.U., El principio de proporcionalidad en el Derecho Público italiano, in Cuadernos de Derecho Publico, 1998/5, 299 ss.; Galetta, D.U., Il principio di proporzionalità, in Sandulli, M.A., a cura di, Codice dell’azione amministrativa, Collana «Le Fonti del Diritto Italiano», Milano, 2010, 110 ss.; Galetta, D.U., Il principio di proporzionalità, in Renna, M.- Saitta, F., a cura di, Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, 389 ss.; Götz, V., Allgemeines Polizei und Ordnungsrecht, Göttingen, 13^ ediz., 2001; Groussot, X., Creation, Development and Impact of the General Principles of Community Law: Towards a jus commune europaeum?, Europa Law Publishing, The Netherlands, 2006; Hoffmann, L., The Influence of the European Principle of Proportionality upon UK Law, in Ellis, E., edited by, The principle of proportionality, Oxford, 1999, 107 ss.; Koch, O., Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit in der Rechtsprechung des Gerichtshofs der Europäischen Gemeinschaften, Berlin, 2003; von Krauss, R., Der Grundsatz der Verhältnismäßigkeit in seiner Bedeutung für die Notwendigkeit des Mittels im Verwaltungsrecht, Hamburg, 1955; Lerche, P., Übermaß und Verfassungsrecht. Zur Bindung des Gesetzgebers an die Grundsätze der Verhältnismäßigkeit und Erforderlichkeit, Köln e.a., 1961; Sandulli, A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, 1998; Schwarze, J., Europäisches Verwaltungsrecht. Entstehung und Entwicklung im Rahmen der Europäischen Gemeinschaft, II ed., Baden-Baden, 2005, 694 ss.; Stern, K., Das Staatsrecht der Bundesrepublik Deutschland, vol. I, München, 1984; Villamena, S., Contributo in tema di proporzionalità amministrativa, Milano, 2008.

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